La Storia di Riccione
Da veri amanti di questa meravigliosa città non potete non conoscere la storia di Riccione!
Il territorio di Riccione ha una storia molto antica come testimoniano i reperti custoditi nel Museo del Territorio, ci sono documentazioni della presenza umana sin dalla preistoria, sin da duecentomila anni fa.
La zona viene occupata e colonizzata dai Romani a partire dal III secolo a.C. (Nel 295 a.C. vittoria Battaglia del Sentino contro Sanniti, Umbri, Etruschi e Celti -Galli Senoni- Nel 268 a. C. fondazione di Ariminum) e unificata sotto il grande ombrello della romanità.
Del tardo antico non abbiamo testimonianze archeologiche, probabilmente anche il Vico Popilio di San Lorenzo in strada si spopolò per le condizioni ambientali (impaludamento) e le incursioni dei popoli del nord (guerre gotiche con la Pentacoli bizantina 535-553).
In un documento del Codice Bavaro (registro di concessioni di terreni fatte dalla chiesa ravennate del 810/816 circa si parla di un fondo in località Arcioni, la storia di RIccione era già cominciata
La pieve di San Lorenzo compare per la prima volta in un documento del 997 e quella di San Martino in Arzune (attuale Riccione Paese) nel 1217 denotando un incremento degli abitanti.
Nel 1371 un censimento conta a Riccione due nuclei abitativi rispettivamente con 26 e 13 fuochi.
Nel 1564 non si annovera alcun focolare.
Vicende alterne di guerre e calamità scandiscono le brevi notizie che si riferiscono alla zona, si ritiene che la formazione di un nucleo abitativo lungo la Flaminia nella storia di riccione sia da porre intorno alla metà del Diciassettesimo secolo, a fine secolo è presente una popolazione di 320 persone. Alla fine del 1700 gli abitanti sono 850 per la maggior parte intorno alla chiesa di San Martino, nella Riccione paese.
Verso la seconda metà dell’Ottocento i riccionesi erano circa 1850.
I due nuclei abitati di Riccione e di San Lorenzo si trovavano in una situazione sociale ed economica di estrema arretratezza. L’economia era basata prevalentemente sull’agricoltura e in parte minore alla pesca rivierasca che forniva appena sostentamento.
La popolazione -che Don Tonini ci rappresenta fiorente di salute ed avvezza alle fatiche- sgomita tra disagi e difficoltà, il tasso di analfabetismo è altissimo e le abitazioni sono in condizioni pietose, la maggior parte prive di servizi igienici. Manca tutto, luce, strade, fognature e acquedotto.
Qualche decennio più tardi le guide turistiche, i manifesti pubblicitari, le cartoline, la stampa, i filmati Luce avrebbero familiarizzato al grande pubblico degli italiani l’immagine di una cittadina completamente mutata e divenuta ormai una delle principali stazioni balneari d’Europa.
A che cosa si deve un così rapido sviluppo nella storia di Riccione?
A diversi fattori ma certamente senza ombra di dubbio in primo luogo la storia di Riccione ha avuto uno sviluppo in seguito alla acquisita autonomia comunale sancita nel 1922.
Infatti se la nascita del comune autonomo sigla il punto di arrivo di un processo economico e sociale veicolato dalla nascita e dallo sviluppo dell’industria turistica certamente segna anche il punto di partenza per il raggiungimento di nuovi grandi traguardi.
Ma facciamo un salto indietro nel tempo nel la storia di riccione.
A metà Ottocento si erano ormai ampiamente diffuse le informazioni sui benefici dei bagni di mare, in particolar modo per la cura delle anemie, e già dal 1827 a Viareggio era nato il primo stabilimento balneare.
Contestualmente si andava diffondendo la cultura della vacanza tra le classi sociali più ricche che disponevano di danaro e tempo libero.
Riccione allora non aveva ancora storia civica, in quanto priva di una propria identità, era un piccolo insediamento, che dipendeva economicamente e amministrativamente da Rimini, della quale rappresentava una piccola propaggine rurale, separata.
Con la costruzione della ferrovia nel 1861 e la fermata a Riccione nel 1865 dovuta all’intervento di Don Carlo Tonini arciprete di Riccione si accorciarono le distanze e per intervento del comitato per gli ospizi marini creato ad hoc da autorevoli rappresentanti del luogo (farmacista, il medico, il prete…) in rapporto con il comitato di Bologna, arrivarono nel borgo di Riccione paese, accolti presso le povere ma dignitose e ospitali famiglie, i primi bambini scrofolosi.
Certamente questa soluzione un po’ appartata, e certamente più economica, rispetto alle località turistiche in voga si prestava meglio alla cura di questi esserini malati:
L’esperienza di questo primo turismo sanitario del la storia di riccione fu un successo. Così e nel giro di un anno, ad opera dei primi lungimiranti imprenditori, seguì l’ospizio Amati-Martinelli e dopo due l’ospizio romagnolo.
Qui ha inizio la fortuna di Riccione.
In molti casi grazie al personale medico degli ospizi e ai famigliari, la fama di un luogo salubre e dalle bellezze naturali si diffondeva anche tra la media e alta borghesia di varie, parti d’Italia, principalmente emiliane, che acquistavano i terreni venduti a prezzi modici.
Il Conte Martinelli fu uno dei pionieri dello sviluppo turistico. Il suo sogno era quello di fare di Riccione una località di elite con stare ampie e belle ville immerse nel verde in prossimità della spiaggia.
Verso il 1880 progettò un piano regolatore nell’area di sua proprietà tracciando strade e piantando alberi iniziando a delineare quella che sarà denominata “La città giardino”.
Nel 1885 si contavano già 10-12 ville di forestieri. (la sig.ra Ceccarini, il prof. Pullé, il prof. Manfroni…)
Inizialmente Riccione era chiamata Arcione e la sua più famosa via che ora tutti chiamiamo e conosciamo con il nome di Viale Ceccarini era chiamata invece Viale Viola!
Perché viale Ceccarini ha cambiato nome?
L’11 ottobre 1911, il viale “Viola” fu rinominato Viale Maria Ceccarini, in onore alla moglie del dottor Giovanni Ceccarini.
Maria Boorman Wheeler fu una grande benefattrice per Riccione e tutta la provincia: si occupò dell’illuminazione pubblica del paese, contribuì alla realizzazione del porto, realizzò la strada di accesso all’approdo, distribuì per anni 300 minestre giornaliere per contrastare come possibile la povertà che inginocchiava Riccione.
Dopo la morte del marito la donna sostenne finanziariamente la Società Operaia di Mutuo Soccorso e la Biblioteca Popolare Circolante e inaugurò l’asilo infantile Giardino d’Infanzia.
La strada fu ampliata e dotata di marciapiedi nel 1925 e nel 1926 si provvide alle fognature e alla massicciata.
L’anno dopo furono piantatati i primi pini, alcuni dei quali ancora oggi fanno ombra sul viale. La città e il viale crescevano insieme alla notorietà di Riccione che si affermava sul territorio Nazionale (e non solo) come meta turistica.
Successivamente nacquero i primi ristoranti di pesce del la storia di riccione.
Il suo centro, elegante salotto, diventava sempre più il cuore pulsante della città. Superata la crisi del secondo dopoguerra si vide il ritorno al turismo d’elite e Viale Ceccarini divenne, soprattutto fra gli anni’60/70, la cosiddetta “Montenapoleone” dell’Adriatico.
Dagli anni 70 il Viale è stato reso pedonale, ed oggi più che mai è il simbolo di Riccione. Lo stesso Palazzo dei Congressi è stato fatto erigere di fianco alla celebre via.
Le griffe dell’alta moda sono felici di apparire e legare il loro nome a una città e ad un viale simbolo di eleganza e tendenza. La vecchia Viola è oggi un’ affascinante meta per giovani e non, sede di ristorantini, pub, locali , disco bar e negozi d’alta moda.
Il fascino locale e peschereccio rimane, infatti Arcione nasce come paesino di pescatori!
Ma scopriamo la storia di Riccione!
Riccione era, e lo fu sino al 1922, una frazione del Comune di Rimini distante circa 10 chilometri dal capoluogo.
Potevi vedere solo poche case vecchie, malmesse, contigue, disposte lungo la via principale che formavano il Paese che distava dalla zona balneare circa un chilometro, chiamata Colonia.
Si chiamava cosi per il nome preso da un vecchio fabbricato adibito a collegio che ospitava, in estate, bambini bisognosi di cure marine efficaci in alcune forme di rachitismo.
Il Rio Melo, (fiume che passa circa a metà della città) scendeva dalle colline, formava con la sua foce il porto di Riccione, non ancora palificato e privo del ponte che doveva collegare le due sponde. Esisteva giusto un traghetto.
Nel porto invece trovavano rifugio le barche adibite alla pesca locale.
Maria Ceccarini, di cui abbiamo parlato sopra, nel 1897 aveva fatto costruire un modesto approdo con due targonate in legno che, raccogliendo le acque del delta del Rio Melo, formavano un canale sufficiente per l’ormeggio soltanto di piccole imbarcazioni.
Nel 1913 il Comune di Rimini dovette intervenire col cemento armato per sostituire il legno corroso dall’acqua. Il problema più fastidioso era quello dell’interramento del fondale, dovuto all’arretramento del mare, che impediva alle acque del molo di superare i 70 cm.
Nel 1920-25 si fecero altri lavori di sistemazione sommaria. I lavori più significativi vennero fatti nel 1933 con la pulitura del fondale per mezzo della draga Dalmazia del Ministero dei Lavori Pubblici.
La spiaggia, abbandonata alla natura, coperta di vegetazione selvatica, era limitata tra la villa dei conti Soleri Martinelli e il porto canale.
Alcune famiglie avevano la villa padronale, ma la maggior parte si collocava nelle abitazioni di qualche pescatore o marinaio che abitava nella zona e che, nel periodo estivo, dava in affitto.
Sulla spiaggia giocavano liberamente i bambini riparati dal sole da tende sostenute da pali infissi nella sabbia. I figli più grandi avevano il permesso di entrare in acqua, i più piccoli erano affidati alla custodia delle balie.
Allora i genitori arrivavano a Riccione con il treno che aveva la stazione nel centro della zona balneare, sulla Rimini-Ancona. Venivano al mare, di solito il sabato, scatenando la gioia dei piccoli ed anche delle signore che godevano, finalmente, un poco della loro compagnia.
Si viveva un vivere semplice, naturale, senza eccessive pretese, anche se Riccione poteva offrire ottimi alberghi di elevata categoria. Non era ancora quel centro balneare che sarebbe diventato negli anni a venire. Oggi una delle più famose spiagge dell’Adriatico.
Ma… proseguiamo con la storia di Riccione osservando la nascita di ciò che oggi sono gli alberghi!
A fine Ottocento alcuni s’improvvisarono locandieri con le loro trattorie o addirittura albergatori: “Del Pesce” (nata nel 1894 dove più tardi, nel 1906, doveva sorgere l’albergo “Lido”) sulla tettoia della quale spiccava l’insegna “Specialità brodetto alla marinara”;
l’alberghetto con ristorante “Vannucci”, dove poi si fece il teatro Dante, che rimase sino al 1957; l’albergo “Rocchi”; la taverna “Trombi”; il ristorante “Bologna”, scomparso per l’edificazione dell’albergo “Roma”; e tanti altri…
Vi erano pochi capanni sulla spiaggia e il bettolino di Colombo, in centro; ogni sera le barchette venivano tirate in secca perché il porto non c’era o era inadatto;
il primo cosiddetto Ufficio Postale era in viale Roma, poi vicino all’”Amati”; le mareggiate invernali infilavano su, per il viale centrale, i piccoli natanti, circondando di acque minacciose le case delle prime linee.
Audaci furono quei riccionesi inesperti, che a forza di sacrifici e di cambiali edificarono, pietra su pietra, le loro case, le loro modestissime industrie, i loro commerci.
Se mancavano loro la tecnica e i mezzi di quella difficile attività che oggi va sotto il nome pomposo di Industria Alberghiera, se tutto era rudimentale, insufficiente e imperfetto, vi rimediavano con il grande amore e la grande volontà di fare, migliorandosi continuamente, per soddisfare le limitate esigenze dei “forestieri”, che sempre riconobbero e apprezzarono la familiare cordialissima ospitalità dei riccionesi.
S’andava a letto lasciando la porta socchiusa e la bicicletta (senza lucchetto) e quant’altro all’aperto, nel giardino o sulla strada.
Formalmente la nascita del Comune di Riccione è connessa a quella del fascismo: praticamente sono nati insieme, nel senso che le lotte condotte dai riccionesi (1907-1922) per emanciparsi dalla sudditanza nei confronti del Comune di Rimini;
Temevano la concorrenza sul piano turistico e trovarono pieno appoggio nel Duce e, grazie a quest’ultimo, nell’allora Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, che in realtà parteggiava per Rimini, come attesta l’assenteismo del Prefetto nei confronti delle rivendicazioni della Commissione esecutiva per la costituzione del Comune.
Era composta dal Conte Pullè, Roberto Mancini, Antonio Leardini, Conte Luigi Guarini, Pio Della Rosa, Giovanni Bugli, Achille Conti, Lucio Amati.
La nascita del turismo nel la storia di riccione
La scoperta del “turismo”, tuttavia, risale già alla seconda metà dell’Ottocento:
nel 1906 più di cinquemila turisti, provenienti da Veneto, Lombardia ed Emilia (ma anche dall’estero), venivano a passare le vacanze estive in questa amena località, si edificano ville molto lussuose, stazioni termali e anche le prime colonie marine per bambini gracili.
Il primo locale di ristoro della marina riccionese fu allestito da Leonilde Conti nel 1885, in via Viola. Il primo albergo invece è quello di Sebastiano Amati, del 1901 (seguito da quelli di Bologna e di Vannucci), sempre nei pressi di via Viola, una delle due strade, sicuramente la più importante, per accedere agli arenili .
Sono state queste prime attività turistiche a far maturare la consapevolezza che la borgata riminese avrebbe potuto svilupparsi meglio come Comune autonomo.
La Guerra nella Storia di riccione
Nella storia di riccione non possiamo nemmeno dimenticare il grande peso che i Riccionesi hanno dovuto sopportare con la guerra!
Sono ben 69 i morti che vi furono a causa della guerra, mentre i danni materiali che subì Riccione, solo per la parte relativa agli edifici pubblici, ammontarono alla cifra astronomica e approssimativa di 650 milioni di lire.
Da notare che negli anni 1947-53 il salario medio di un operaio era di circa 20.000 lire al mese, il pane costava 100 lire al chilo, il vino e la benzina 100 lire al litro e una normale pensione non superava le 4.500 lire al mese.
Nel 1921 Riccione aveva oltre 5.000 abitanti (per diventare Comune ne occorrevano almeno 4.000); nel 1936 ne aveva poco più di 8.000; quindici anni dopo oltre 13.000; 20.000 nel 1961;
Quasi 29.000 nel 1971; sui 31-33.000 dal 1981 al duemila.
Oggi, secondo fonti Istat del 2010, è arrivata a 35.543 (18.612 donne e 16.931 uomini), con una densità media per kmq di 2.076,1 abitanti. Gli stabilimenti balneari sono circa 150 e 460 gli alberghi.
Non ha mai smesso di crescere: in meno di un secolo ha visto moltiplicare i propri abitanti di sette volte.
Il Fascismo nella storia di Riccione
Abbiamo parlato di Riccione anche durante la guerra… che cosa è successo a Riccione sotto il fascismo? Vediamolo in ordine cronologico.
- Viene costruito il nuovo ponte sul fiume Marano per congiungere Rimini e Riccione lungo la strada litoranea.
- Riccione ottiene il riconoscimento legislativo statale di “Stazione di cura e soggiorno”. La famiglia Mussolini decide di trasferirsi, per le proprie vacanze, da Cattolica a Riccione, perché considerava quest’ultima più idonea alle idee del regime, essendo nata come Comune grazie a un provvedimento fascista.
- Inaugurata la linea tramviaria Rimini-Riccione.
1927-32. La famiglia Mussolini, dopo un breve soggiorno l’anno prima a Villa Terzi, in viale Gramsci, decide di passare le vacanze estive all’Albergo Lido (attuale Mediterraneo), di Domenico Galavotti, occupandone un intero piano sopra il grande terrazzo.
La Riviera romagnola è ormai la spiaggia degli italiani più facoltosi e del loro Duce: a Riccione la famiglia Mussolini; a Rimini Claretta Petacci; mentre a Cesenatico Arnaldo, fratello del Duce; e a Cattolica il camerata Balbo.
I filmati del regime mostrano, di Riccione, le iniziative sportive, le gare di tennis (in cui chiunque giocasse col Duce, inclusi i Galavotti, aveva l’obbligo di farlo vincere), motociclistiche, velistiche, di tiro al piccione, che fanno parte della cultura fascista:
Al mare il corpo per la prima volta viene esibito in spiaggia, come mito dell’uomo nuovo, forte e sano (anche il costume da bagno femminile subirà una costante evoluzione, indipendentemente – è il caso di dirlo – dal fascismo maschilista).
Riccione, coi suoi 86 alberghi e pensioni, per una clientela con diverse possibilità economiche, entrava nell’immaginario collettivo italiano per le vacanze estive. Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta le presenze turistiche raddoppiano come non mai nel la storia di riccione.
- Inaugurato l’aeroporto civile di Miramare di Rimini.
- Inaugurati il nuovo acquedotto comunale, la Casa del Fascio in viale Ceccarini e il Grand Hotel di Riccione, di proprietà di Gaetano Ceschina, il più grandioso albergo della costa romagnola, 155 camere, 265 letti, 25 bagni in camera, telefono, autorimessa, 3 campi da tennis, golf in miniatura. La lista degli offerenti per la Casa del Fascio è lunghissima: tra essi figura Giordano Bruno Galavotti, con una cifra cospicua di lire 417,75.
- Il conte Frangiotto Pullè, che aveva fatto la marcia su Roma nel ’22, è nominato, con Decreto prefettizio, Podestà di Riccione (e lo resterà sino al 1941). Nel 1939 diventerà Consigliere nazionale e Sottosegretario di Stato per il Turismo e lo Spettacolo. Inaugurata la colonia marina “Enrico Toti”, alla presenza di Donna Rachele, moglie di Mussolini.
Poi sarà la volta della colonia “Bertazzoni”.
Il conte Costanzo Ciano inaugura la linea ferroviaria Rimini-San Marino.
- La famiglia Mussolini si trasferisce all’Hotel Milano-Helvetia. Mussolini fa ripulire il fondale del porto. Incontra al Grand Hotel il cancelliere austriaco E. Dollfuss, che verrà fatto assassinare da Hitler a Vienna, nel luglio 1934, mentre la sua famiglia soggiornava a Riccione.
- Da Giulia Galli in Bernabei (che diventerà Sindachessa di Riccione), con l’intermediazione del Podestà Frangiotto Pullè, Donna Rachele acquista una villa sul lungomare di Riccione (oggi Villa Mussolini), per farne una residenza balneare della famiglia (in questa villa i figli di Mussolini e di Galavotti-Caldari si guardavano insieme i film americani proibiti nel circuito nazionale.
Mussolini inaugura la prima regata nel la storia di riccione dei Dinghy del Club Nautico di Riccione, nato l’anno prima (fu tra i primi in Italia).
- Inaugurato a Riccione il primo Palazzo del Turismo nel la storia di riccione e della riviera adriatica. Il cinegiornale Luce definisce questa località “una delle più belle e frequentate spiagge d’Italia”. Non a caso negli anni Trenta le pensioni, le strutture ricettive e gli alberghi superavano gli alloggi privati.
- Inaugurato dal Duce un Teatro all’aperto (allestito in due settimane) di 8.000 posti per la stagione lirica.
- L’Italia, entrata in guerra, ha bisogno di ferro: entro novembre ville, alberghi e pensioni della riviera devono sostituire le recinzioni con materiale autarchico.
- Donna Rachele inaugura il villaggio operaio e il ricovero per anziani nella zona di Raibano.
- A titolo propagandistico il duce, a giugno, dà inizio alla mietitura in un orto di guerra e alla trebbiatura in una frazione di Riccione.
- Due figli del duce, in vacanza nella loro villa riccionese, apprendono la notizia dell’arresto del duce.
Il primo bombardamento aereo nel la storia di Riccione fu quello del 10 giugno 1944, di un aereo inglese, che voleva far saltare il ponte ferroviario lungo il viale Virgilio.
E’ noto che fecero più danni i bombardamenti degli Alleati che non la presenza tedesca: il Riminese anzi sarà una delle zone più bombardate d’Italia, pari solo a quella di Cassino (solo tra i soldati dei due schieramenti vi saranno circa 45-50.000 morti). L’Ottava Armata infatti prima di guerreggiare con mezzi terrestri preferiva bombardare sia con gli aerei che con le navi (quello navale iniziò il 2 settembre 1944), per intimorire il nemico, che però non se ne preoccupava affatto e chi ci andava di mezzo era solo in realtà la popolazione locale. La tattica bellica alleata era improntata alla lentezza: ci si accontentava di logorare il nemico progressivamente, avanzando solo dopo che i tedeschi, peraltro numericamente esigui, si ritiravano.
Non subirono rappresaglie semplicemente perché in pianura non vi fu una vera e propria attività partigiana, come invece a Rimini, anche se furiosi furono i combattimenti nell’entroterra riccionese, a Coriano, Montefiore e Gemmano (qui venne ferito Gianni Quondamatteo, che diventerà, finita la guerra, il primo Sindaco di Riccione e che darà contributi decisivi, come intellettuale, alla valorizzazione delle tradizioni culturali e linguistiche della Romagna).
Nel frattempo gli Alleati (canadesi, inglesi, greci, italiani dell’esercito meridionale, ma anche marocchini, indiani, australiani, neozelandesi, polacchi ecc.) approfittavano della debolezza della popolazione locale per requisire il meglio e la storia di Riccione purtroppo ne
è zeppa di aneddoti
Presso la sede riccionese del Fascio dei Repubblichini fu trovato un elenco di persone che sarebbero state perseguitate in caso di sabotaggio verso i tedeschi; erano destinati o alla deportazione o alla fucilazione.
La storia di Riccione non finisce qui!
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